L’IMPORTANZA DI UNA PSICOLOGIA AUTENTICA di Daniele Russo, Psicologo Clinico
- Daniele Russo

- Oct 23
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1. La deriva della nuova psicologia
Negli ultimi anni, la psicologia ha conosciuto una mutazione profonda. Una parte del mondo professionale ha ceduto alle lusinghe del marketing, della rapidità e dell’apparenza. Sono proliferati psicologi che si presentano come “coach”, “mentori”, “guaritori dell’anima” o “ascoltatori empatici” sui social, mentre piattaforme digitali e app di sedute online promettono risultati immediati, come se il dolore psichico fosse un sintomo da spegnere con un clic. È nata così una psicologia rapida, leggera, algoritmica — che non ascolta, ma “processa”; che non accompagna, ma “ottimizza”; che non cura, ma “intrattiene”.
Questo fenomeno, travestito da modernità, nasconde in realtà un pericolo profondo: la banalizzazione della sofferenza umana.
L’incontro psicologico non è un modulo da compilare, né un videomessaggio da 50 minuti con un estraneo connesso via smartphone. È un processo clinico, complesso e unico, che richiede presenza, ascolto, tempo, metodo, diagnosi, e soprattutto un’etica. La psicologia autentica nasce nel contatto umano, nella lettura dei silenzi, nei piccoli movimenti del volto, nel ritmo del respiro, nella vibrazione di uno sguardo. Tutto ciò che, davanti a uno schermo, inevitabilmente si perde.
2. La psicologia come arte clinica e scienza della verità
Fare lo psicologo non significa soltanto “parlare con le persone”.È un atto clinico che implica capacità di osservazione, interpretazione e giudizio; un sapere che nasce dall’esperienza e si fonda sulla conoscenza dei processi mentali, delle dinamiche inconsce e delle strutture della personalità. Essere psicologi autentici significa affrontare ogni storia con rispetto, competenza e prudenza, evitando scorciatoie interpretative o slogan motivazionali.
Oggi molti giovani psicologi vengono attratti da una visione semplificata del mestiere: bastano uno sfondo luminoso, un tono suadente e una presenza sui social per apparire autorevoli.
Ma la psicologia non è una vetrina. È un mestiere di profondità, che si misura con la verità del dolore umano, non con i like o le visualizzazioni.
Chi ha vent’anni di clinica alle spalle sa che la sofferenza psichica non si lascia ridurre a una “chiacchierata”. Sa che dietro ogni sintomo c’è un codice nascosto, una ferita, una storia. E sa che la psicologia autentica non cerca di addolcire la realtà, ma di svelarla.
3. Il pericolo delle piattaforme online e della psicologia usa-e-getta
Le piattaforme di psicologia online, nate con la promessa di “rendere la psicoterapia accessibile a tutti”, hanno finito per trasformare il rapporto terapeutico in un prodotto di consumo.
Dietro il linguaggio accattivante e le grafiche colorate, si nasconde spesso un modello industriale: professionisti sottopagati, colloqui in serie, algoritmi che abbinano pazienti e terapeuti come se fossero utenti di un’app di incontri. In questo scenario, la relazione terapeutica — che è l’essenza stessa della cura — si dissolve.
Un colloquio online può certamente rappresentare un supporto emergenziale o un ponte temporaneo, ma non può sostituire l’incontro reale. La sofferenza psichica ha bisogno di un luogo, di uno spazio protetto, di un tempo non frammentato, di un linguaggio corporeo e non verbale. Ridurre tutto a un link o a un abbonamento mensile significa tradire la natura stessa della psicologia. Chi crede di potersi curare “a distanza”, attraverso un algoritmo o un video, si illude di affrontare il problema, mentre in realtà lo neutralizza: lo trasforma in contenuto, lo rende gestibile, ma non lo elabora.E uno psicologo che accetta questo modello non è un professionista, ma un operatore del benessere digitale — figura che con la clinica non ha più nulla a che vedere.
4. Che cos’è l’intervento psicologico di primo livello
La psicologia autentica non è solo psicoterapia. Il primo dovere di uno psicologo è l’intervento di primo livello, ossia quella forma di consultazione clinica che mira a comprendere, inquadrare e orientare la persona prima ancora di iniziare un percorso terapeutico.È una fase delicata e fondamentale, in cui il professionista raccoglie l’anamnesi, valuta la richiesta, esplora i sintomi, riconosce la struttura della personalità e individua gli strumenti diagnostici più appropriati.
Un intervento di primo livello ben condotto può prevenire anni di sofferenza inutile e di trattamenti errati. Eppure, oggi, questa fase viene spesso saltata o confusa con un “colloquio preliminare gratuito”, svilita in una semplice conversazione informale. Ma l’intervento di primo livello è un atto clinico: implica valutazione, ipotesi, restituzione e indirizzo. È la base della responsabilità professionale. Solo da qui si può decidere se la persona ha bisogno di un percorso di sostegno, di una psicoterapia, di una valutazione psichiatrica o di un monitoraggio nel tempo.
Senza questo passaggio, la psicologia si trasforma in intrattenimento: piacevole, rassicurante, ma privo di efficacia clinica.
5. La tutela dei pazienti e l’importanza delle informazioni corrette
Oggi il paziente è bombardato da informazioni contraddittorie. Ovunque si leggono consigli psicologici, diagnosi fai-da-te, test di personalità ridotti a giochi di social network, video che confondono la divulgazione con l’esibizione. Il rischio è enorme: le persone smettono di distinguere lo psicologo dal motivatore, lo psicoterapeuta dal life coach, il clinico dallo youtuber.
È compito della nostra categoria tutelare il cittadino, proteggendolo da chi spaccia l’intrattenimento per cura. Essere psicologi autentici significa dire la verità anche quando è scomoda: spiegare che non esistono “consigli miracolosi”, che le diagnosi richiedono strumenti validati, che l’equilibrio psichico non si costruisce con una frase motivazionale. Significa educare alla consapevolezza, non al consumo. Il paziente ha diritto a essere informato, guidato, valutato correttamente. Ha diritto a sapere che dietro una diagnosi ci deve essere una valutazione psicodiagnostica completa, non un’impressione soggettiva o una lettura empatica.
6. La diagnostica psicologica come fondamento della verità clinica
La vera psicologia non si fonda sul “sentire”, ma sul sapere. Ogni valutazione clinica deve basarsi su strumenti psicodiagnostici scientificamente validati, in grado di restituire un quadro oggettivo della persona. I test, le scale di valutazione, le interviste strutturate, i protocolli diagnostici sono ciò che garantisce la qualità e la veridicità del lavoro psicologico. Chi ignora o rifiuta la diagnostica rinuncia alla dimensione scientifica della psicologia e la riduce a opinione.
Si è diffusa l’idea pericolosa che “basta parlare”. Ma la psicologia non è una conversazione: è un processo di conoscenza. Il colloquio, da solo, non basta a definire un profilo psicologico o a orientare una diagnosi differenziale. Solo un’analisi completa, condotta con metodo e strumenti oggettivi, consente di distinguere tra disturbi reali e reazioni emotive, tra disfunzioni e adattamenti, tra disagio e malattia. L’uso dei test psicodiagnostici non riduce la persona a numeri: la restituisce nella sua complessità, con rigore e rispetto.
Chi lavora senza diagnostica procede alla cieca. Chi la utilizza, invece, costruisce la sua pratica sulla logica clinica, sulla prova, sull’etica. E questa è la differenza tra lo psicologo autentico e chi improvvisa.
7. Tornare alla psicologia autentica
La psicologia autentica non è nostalgica. È un atto di resistenza. Resistere al marketing, alla superficialità, all’ansia di piacere e di vendersi. Resistere alla tentazione di trasformare la cura in performance, la diagnosi in slogan, la scienza in marketing emozionale. Significa ricordare che dietro ogni paziente c’è una vita, non un cliente. Significa restituire alla professione la sua dignità, la sua complessità e la sua verità.
Dopo oltre vent’anni di lavoro clinico, posso dire che ciò che salva una persona non è una connessione veloce o un linguaggio motivante, ma la presenza autentica di un professionista che sa vedere. Che sa ascoltare ciò che non viene detto. Che usa gli strumenti giusti, le parole giuste, il tempo giusto. E che non cede mai alla scorciatoia della leggerezza.
Tornare a una psicologia autentica significa tornare all’essenza della cura: la verità. E la verità non si trasmette con un algoritmo. Si conquista, insieme, nella profondità di un incontro umano.
Daniele Russo





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