Conosci veramente qualcuno - oggi come oggi - che in fondo a se stesso non sia terrorizzato?
- Daniele Russo

- Oct 21
- 4 min read

Ho sempre pensato che definire questo disturbo “attacco di panico” sia un errore terminologico che tradisce la sua natura. Studi epidemiologici mostrano che i disturbi d’ansia — tra cui gli attacchi di panico — emergono prevalentemente in adolescenza e nei giovani adulti.
Solo chi ci è passato può capire.
Non è un attacco.
È un’Onda.
Arriva senza bussare, ti travolge, ti spezza il fiato, ti fa credere di stare per impazzire o morire. Il problema è che questo sintomo non vuole ucciderti: vuole che tu veda.
Nel mio lavoro clinico incontro ogni settimana persone convinte di impazzire, di morire, di perdere il controllo. Ma nessuno muore di attacchi di panico. Il panico è una forma di intelligenza primordiale: un sistema d’allarme evolutivo che fatica a trovare senso nel ritmo artificiale della vita moderna. È la biologia che non comprende la civiltà.L’adrenalina si accende come se un predatore ti stesse inseguendo — solo che oggi quel predatore è invisibile: è la tua stessa mente.
Quando il corpo non trova un pericolo all’esterno, lo costruisce dentro. Il cuore accelera, il respiro si accorcia, lo sguardo si restringe. La mente urla: sto per morire. Ma ciò che davvero accade è più sottile: stai per rinascere. L’Onda non distrugge: purifica. Ti costringe a fermarti dove da troppo tempo fingi di procedere.
Credere di poterlo sconfiggere è fuorviante. Gli studi indicano che l’ansia non è un nemico, ma un messaggero.
Combatterla è come tentare di afferrare il mare con le mani: più ti agiti, più ti trascina a fondo. L’accettazione non è sconfitta: è lucidità, un atto di intelligenza biologica. Il respiro da solo non basta se lo sguardo resta orientato al pericolo. Puoi calmare il corpo, ma se la mente continua a cercare la minaccia, il fuoco si riaccende. Respirare senza comprendere è come spegnere un allarme ignorando l’incendio.
Chi vive il panico non è fragile: è un ipersensibile alla vita. Un radar umano che percepisce ogni minima variazione emotiva, climatica, relazionale. Ma quel radar — se non addestrato — interpreta il battito del proprio cuore come minaccia. E non è vero che il panico arriva dal nulla. Il “nulla” non esiste. Dietro l’Onda c’è sempre una catena invisibile di tensioni: parole non dette, desideri compressi, paure educate al silenzio. L’Onda è solo l’ultima scena di un film interiore cominciato molto tempo prima.
Non passerà da solo. Passerà quando lo ascolterai. Quando lo riconoscerai non come un nemico, ma come un linguaggio del corpo che chiede presenza. Nel mio lavoro clinico vedo che il ritorno all’“adesso” è la vera via di uscita: nel presente, il panico non può vivere. Ha bisogno di futuro per spaventarti, di passato per spiegarsi. Ma se resti nel corpo, nel respiro, nel tempo reale, si disintegra.
Un esercizio utile — ma non esaustivo — per gestire un’Onda in assenza (o in attesa) di psicoterapia è il seguente: Guarda cinque cose. Tocca quattro superfici. Ascolta tre suoni. Senti due odori. Assapora una cosa. È un’ancora sensoriale che strappa la mente dall’incubo e la restituisce alla materia, alla realtà oggettiva.
Prendi una chiave, una moneta, una matita. Descrivila mentalmente per un minuto, come se fosse la prima volta che la vedi: peso, temperatura, colore, bordi.È un esercizio di incarnazione: la coscienza torna al corpo, il pensiero diventa carne.E in aggiunta:Non chiederti “Perché mi succede questo?”. Dì: “Cosa mi sta segnalando esattamente il mio corpo ora?”.Il corpo non è contro di te. È la tua memoria evolutiva, che parla un linguaggio arcaico e ti chiede solo di ascoltare.
L’ansia non è una malattia: è una sensibilità estrema senza direzione.
Chi ha vissuto un’Onda ha toccato il confine tra il visibile e l’interiore, tra biologia e sacro.È un’esperienza di disorientamento che, se attraversata, si trasforma in rivelazione. Il panico è un maestro crudele, ma onesto. Ti costringe a smettere di fingere che tutto vada bene. Ti inchioda al presente, ti impone di respirare davvero.Non è una punizione: è un richiamo al reale. Ti dice: “Ricomincia. Ma fallo vivo”.
Molti miei pazienti raccontano che, dopo aver attraversato un’Onda, la vita appare diversa: più lenta, più vera, più sensata. Come se, per la prima volta, fossero usciti da un sogno di controllo per entrare nella verità della fragilità umana.
La prossima volta che senti il battito impazzire, non chiederti “Perché io?”.Chiediti: “Dove sto andando così veloce da aver perso me stesso?”. Non sei il tuo panico. Sei la nave. E l’ansia è solo un marinaio troppo zelante che grida Iceberg! ogni volta che vede una nuvola. Non eliminarlo: insegnagli a guardare il cielo. Il panico non vuole la tua distruzione. Vuole la tua attenzione. E quando finalmente lo ascolterai, capirai che era solo la tua vita che bussava.
La tua rinascita comincia nel momento in cui accetti di avere bisogno di aiuto — perché la voce del tuo inconscio, del tuo mondo interiore, del conflitto che con elevata probabilità si sta combattendo dentro di te, questa voce non puoi sentirla senza uno specialista serio. La tua rinascita non passa solo attraverso “quattro tecniche alla moda”.Passa soprattutto dal coraggio di sederti di fronte a uno psicologo che non vuole la tua morte né prosciugare il tuo patrimonio. La tua rinascita comincia tra un respiro e l’altro.
— Daniele Russo Psicologo –





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