Disegni sessuali nei bambini: il linguaggio muto delle immagini. Un supporto per genitori ed educatori.
- Daniele Russo
- 7 giorni fa
- Tempo di lettura: 6 min

Non sempre le parole arrivano a esprimere ciò che abita il mondo interno di un bambino. A volte, la traccia più chiara resta su un foglio di carta. È in questi segni – figure esplicite, organi sessuali tracciati con insistenza, scene troppo adulte per una mano infantile – che si manifesta un enigma che nessun genitore vorrebbe affrontare.
Un disegno erotizzato in età infantile non è mai un semplice gioco grafico.
Porta con sé una domanda: da dove proviene quell’immagine? È frutto di esposizione precoce a stimoli sessuali, di una scena intravista, di un racconto ascoltato, o – nei casi più inquietanti – di un’esperienza vissuta sul proprio corpo?
L’errore più frequente, nel tentativo di spiegare, è ridurre tutto a “influenze esterne”: il cellulare, la televisione, il caso. Ma la questione è più sottile.
Non basta chiedersi che cosa ha visto, bisogna interrogarsi su perché lo ha fissato, con quale necessità interiore, con quale urgenza.
Il disegno diventa allora la prima testimonianza di un incontro precoce con la sessualità, un incontro non mediato, che può configurarsi come vero e proprio evento traumatico con conseguenze anche devastanti.
E' opportuno considerare che questi segni grafici non provano un trauma ma simultaneamente lo provano, dunque, vanno ascoltati come campanelli d’allarme evolutivi e non sottovalutati.
A differenza delle fantasie di gioco, la ripetizione ossessiva, la precisione anatomica, la scelta di nascondere il foglio in un diario segreto parlano di un contenuto che preme per essere elaborato.
Il compito dell’adulto non è reprimere, né scandalizzarsi. È contenere e decifrare. Non si tratta di chiedere “perché hai disegnato questo?”, ma di offrire uno spazio in cui quel bambino o quella bambina non si senta giudicato, sporco, colpevole.
In tutti i casi non sarà sufficiente accogliere, ma serve - urgente un’indagine psicologica accurata da parte di uno psicologo.
La curiosità è una soglia, l'innocenza una frontiera. Ogni disegno infantile a tema sessuale può essere un semplice varco verso la conoscenza, o la traccia di un incontro con l'osceno. È un confine labile tra la naturale scoperta e l'ombra di un criminale, che chiede di essere osservato con attenzione e delicatezza. Sta all’occhio clinico distinguere tra i due.
L’adulto che guarda senza ridurre, che ascolta senza negare, restituisce al bambino ciò di cui ha più bisogno: la certezza di non essere solo di fronte a ciò che non sa ancora nominare.
Caso clinico di L.
Età: 9 anni
Motivo della consultazione: la madre trova nel diario della figlia alcuni disegni che rappresentano scene non adatte alla sua età, con figure di adulti e particolari anatomici.
Osservazioni iniziali:
La bambina non riporta episodi diretti di contatto fisico con altri.
Frequentando un gruppo di gioco con cugini più grandi, ha avuto accesso a immagini su smartphone non controllati.
Nei colloqui protetti emerge che ciò che ha visto l’ha colpita al punto da volerlo riprodurre nei disegni.
Non presenta comportamenti “iper-sessualizzati” a scuola, ma compare ansia serale e difficoltà di sonno.
Interpretazione clinica:
I disegni svolgono una funzione di scarico: la bambina fissa su carta immagini troppo forti per la sua età.
Non emergono indizi di violenza diretta, ma un chiaro quadro di esposizione precoce a contenuti inadeguati.
L’effetto è stato quello di un’anticipazione forzata: il mondo adulto entrato troppo presto nella sua immaginazione.
Intervento:
Colloqui di sostegno per distinguere realtà, fantasia e curiosità.
Supporto alla diade genitoriale: non colpevolizzare, non spaventare, ma fissare regole chiare sull’uso dei dispositivi e rafforzare la comunicazione.
Accompagnamento graduale dell'intero nucleo familiare per prevenire nella minore manifestazioni patologiche di ansia e senso di colpa.
Caso clinico, E.
Motivo della consultazione: i genitori richiedono una valutazione per ansia serale, incubi ricorrenti, ritiro dalle attività e calo del rendimento scolastico comparsi nelle ultime settimane. La scuola segnala maggiore irritabilità e difficoltà di concentrazione.
Età: 10 anni
Contesto: durante la seduta clinica con me, la bambina, utilizzando carta e matita alla richiesta di produrre la sua famiglia, disegna una scena chiaramente non adeguata alla sua età, rappresentando un adulto e una bambina in un contatto corporeo improprio.
Condotta professionale: In quel momento non ho proseguito con domande esplorative nemmeno con interpretazioni. In linea con i criteri metodologici condivisi dal settore, ho interrotto il colloquio per evitare contaminazioni o suggestioni.
Il rischio, infatti, è che l’adulto introduca elementi non originari nel materiale del minore, compromettendo la genuinità delle successive valutazioni.
Ho informato immediatamente i genitori, spiegando che il materiale emerso richiedeva una procedura diversa dai colloqui di sostegno.
Spiegazione clinica: Quando in età infantile emergono rappresentazioni grafiche o verbali che possono rimandare a esperienze traumatiche, non vanno trattate come semplice “materia simbolica da interpretare” (come avviene nella psicoterapia infantile). È necessario avviare una valutazione tecnica specifica, con protocolli appropriati e strumenti idonei:
setting neutro e protetto,
interviste strutturate e non suggestive,
eventuale osservazione congiunta,
integrazione con valutazione medico-legale se indicata.
Differenza metodologica:
La psicoterapia infantile mira a elaborare emozioni e conflitti nel tempo, tramite colloquio, gioco e simbolizzazione.
La valutazione tecnica in caso di sospetto trauma ha l’obiettivo di raccogliere dati attendibili, minimizzando ogni forma di influenza esterna; segue un protocollo distinto dal setting terapeutico classico.
Conclusione: In situazioni come questa, lo psicologo non interpreta il materiale emerso in seduta, ma riconosce il limite del proprio intervento in quel momento e attiva un percorso valutativo dedicato.
In questo modo si tutelano il minore e l’affidabilità dell’indagine, evitando di mescolare la dimensione del sostegno con quella dell’accertamento tecnico.
Nodo cruciale: la genuinità delle dichiarazioni del minore
Uno degli errori più frequenti che incontro come consulente tecnico riguarda la gestione iniziale delle rivelazioni dei minori. Spesso, infatti, le prime parole del bambino o i primi disegni vengono affrontati in modo ingenuo da genitori, insegnanti o psicologi non formati. La reazione immediata è porre domande, chiedere dettagli, sollecitare racconti: “Chi era?”, “Cosa ti ha fatto?”, “Dove eravate?”.
Questa modalità, apparentemente naturale e protettiva, produce però un effetto devastante in sede giudiziaria: la contaminazione del RICORDO del minore, che già vive un conflitto interiore fortissimo, finisce per costruire narrazioni miste tra ciò che ha vissuto e ciò che gli è stato suggerito, perdendo progressivamente la genuinità del racconto originario.
È proprio per questo che, durante il dibattimento, le dichiarazioni dei minori risultano spesso “non attendibili”: non perché non sia accaduto nulla, ma perché la gestione iniziale è stata condotta in maniera non metodologicamente corretta.
La procedura corretta
In presenza di indicatori sospetti, lo psicologo non deve entrare nel merito con domande esplorative. Il suo compito è:
interrompere il colloquio,
informare immediatamente i genitori,
favorire l’attivazione del percorso legale tramite denuncia,
richiedere che il minore venga ascoltato in incidente probatorio.
L’incidente probatorio, condotto con la supervisione di consulenti tecnici qualificati e con modalità protette, è lo strumento che consente di raccogliere la testimonianza del minore in maniera valida, ripetibile e non contaminata.
Differenza tra psicoterapia e incidente probatorio
La psicoterapia infantile mira alla cura, alla rielaborazione simbolica, all’elaborazione del trauma. Ma questo processo richiede tempo, domande aperte, interpretazioni: tutte modalità che, se utilizzate prima dell’accertamento giudiziario, possono compromettere l’attendibilità della testimonianza.
L’incidente probatorio, invece, è una procedura tecnico-giuridica che utilizza protocolli specifici (interviste strutturate, osservazione protetta, registrazione integrale) per garantire che la voce del minore sia raccolta senza suggestioni.
Conclusioni
Il compito dello psicologo, in questi casi, non è cercare la verità dentro un colloquio, ma riconoscere il momento in cui è necessario fermarsi. Fermarsi non significa abbandonare il minore: significa proteggerlo. Significa comprendere che ogni parola raccolta fuori da un protocollo può contaminare, che ogni domanda mal posta può compromettere l’unica cosa che davvero conta: la genuinità della sua voce.
Da anni mi occupo di situazioni di abuso sia in ambito clinico che come Consulente Tecnico di Parte nei procedimenti giudiziari. So bene quanto sia fragile e preziosa la testimonianza di un bambino, e quante volte la si sia perduta a causa di interventi improvvisati, domande ripetute, colloqui condotti senza metodo. So anche quanto sia più diffusa di quanto si creda la piaga della pedofilia:
non possiamo permetterci di abbassare la guardia, mai.
Per questo, la vera responsabilità dello psicologo è duplice: da un lato garantire sostegno e contenimento emotivo, dall’altro saper riconoscere quando il passo successivo non gli appartiene più, e deve essere affidato a un incidente probatorio condotto in modo tecnico, neutrale, protetto. Solo così la parola del minore può diventare prova, restando autentica e non inquinata.
Proteggere un minore significa anche impedire che la sua parola venga contaminata: la differenza tra sostegno clinico e valutazione forense è la chiave della tutela. Proteggere un bambino non significa solo curarlo, ma assicurarsi che ciò che ha il coraggio di dire non venga disperso, travisato o svuotato di valore. È in questo confine tra clinica e giustizia che si misura la nostra etica professionale. Da anni lavoro sul confine tra clinica e giustizia: qui non c’è spazio per l’improvvisazione, ma solo per metodo e responsabilità.
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