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nell' attesa

 
UNA PAGINA DALLA PRIMA 
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... All’improvviso, emergono sette donne. I loro corpi nudi sono velati di

 

rosso vivo, tessuti che ardono come fiamme. Avanzano in cerchio, solenni,

 

stringendo bambolotti al petto. Li cullano, li sollevano, offrono un latte

 

invisibile dai loro seni scoperti, come sacerdotesse di un rito che precede la

 

memoria.

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La scena lo incuriosisce, lo confonde, e gli scappa persino una risata-

Le donne si intrecciano, i veli danzano, e il rosso si fa battito, cuore pulsante che vibra nel vuoto.

 

Una di loro si ferma.

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Con un gesto folle, si piega all’indietro fino a sfiorare il suolo con i capelli, il bambolotto ancora stretto al seno. Con voce che pare un canto spezzato esclama: «Eccedete in gentilezza! Perché solo l’eccesso salva dall’oblio!».

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Il dolore di Mattia si placa: in quell’invito assurdo scorge una spiegazione che non sa dire ma che sente vera - che il mondo, crudele e distante, si può ancora piegare sotto il peso dell’amore.

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Ed ecco che dalle arcate scure entra un bambino.

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È vestito come Mattia, ma il volto è nascosto da una maschera bianca. Tra le mani stringe un cartello bianco: la scritta, rosso sangue, brucia nell’aria.
 

“SONO FORTE COME UN SUPER EROE”

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La sua voce non è umana, vibra come provenisse dalle viscere della terra:

 

«Io sono il prezzo di tutti. Quando il sipario cadrà,
non ci sarà più distinzione tra chi osserva e chi è osservato. Sarete anche voi sul palcoscenico, con i vostri silenzi, le vostre colpe, le vostre verità mai dette. Perché la tragedia non ha mai spettatori,
ma soltanto protagonisti».

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E Mattia, in quell’istante, non è più soltanto un bambino: è il bambino che ciascuno di noi ha seppellito dentro di sé. È l’erede di una verità che nasce e si rinnova tra quelle braccia, in quel teatro, in quell’ombra di eternità. In lui si riflette ciò che abbiamo nascosto, ciò che non abbiamo avuto il coraggio di dire, ciò che ancora ci chiede di tornare a vivere.

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«Gli occhi li chiudete voi» — ribatté la madre, afferrando la mano del figlio senza che lui la stringesse — «quando non volete vedere che il silenzio non è una malattia. Anche io da bambina stavo in silenzio, perché, non avevo niente da dire». Nella stanza calò un gelo improvviso. La preside non rispose. Mattia sollevò appena il capo. Non disse nulla: da troppo tempo le parole erano morte dentro di lui, sepolte come ossa sotto terra.

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​​​​​Daniele Russo
L’attesa della Prima – Bonus

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