

I MITI EVOCATI NEL ROMANZO
Il romanzo è un coro di ombre antiche. Ogni pagina risuona di figure che appartengono al mito e che, come archetipi eterni, attraversano la narrazione. Non sono semplici richiami letterari: sono presenze vive, simboli che continuano a interrogare il presente.
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C’è Medea, madre tradita che diventa traditrice, ferita che si fa colpa, simbolo della maternità ambivalente.
Accanto a lei sorge Antigone, ribelle che sfida l’ordine maschile per difendere una legge interiore, pagando con la vita il coraggio della fedeltà a se stessa.
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Dall’Egitto riaffiora Cleopatra, la regina che scelse il serpente come compagno della morte, immagine di un potere femminile che non teme la fine. Dal mito di Troia giungono Elena, causa di guerre e desiderio, Ecuba, madre dolente, e Niobe, pietrificata dall’orgoglio e dal dolore. Con loro avanza Clitemnestra, che uccide il marito, incarnazione della vendetta che si trasforma in colpa.
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La terra materna mostra il volto di Demetra, che piange la figlia perduta, e di Persefone, rapita da Ade, simbolo dell’abisso che separa madre e figlia, vita e morte. La follia delle madri ritorna con Agave, che uccide il figlio Penteo senza riconoscerlo, trascinata dal delirio dionisiaco.
Gli eroi maschili attraversano la scena come ombre possenti: Achille, simbolo di forza e vulnerabilità; Patroclo, fratello d’armi e d’amore; Ulisse, l’astuto, errante cercatore di ritorni; Leonida, il re spartano che affronta la morte con fierezza; Ettore, il difensore di Troia, sacrificio incarnato. E nel loro canto si inserisce il lamento di Orfeo, che perde per sempre la sua Euridice, scendendo invano nell’oscurità degli inferi.
Tra le figure più enigmatiche emerge Medusa, non mostro ma sguardo che rivela, e con lei si erge potente Lilith, la Prima, la ribelle che abbandona Adamo, simbolo di desiderio e libertà proibita. La Genesi si rovescia: Adamo e Lilith si affacciano come archetipo alternativo, dove l’origine è conflitto e non sottomissione.
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Le voci negate risuonano in Cassandra, condannata a dire la verità senza mai essere ascoltata. Il desiderio proibito si incarna in Fedra e nel giovane Ippolito, archetipo di attrazione e condanna. Il tradimento prende corpo in Giasone, colpevole di aver spezzato l’amore di Medea. L’amore che confina con la morte è affidato a Afrodite e Adone, bellezza e sangue che si inseguono.
A chiudere il cerchio delle donne fedeli è Penelope, simbolo di attesa e tessitura, contrapposta alla fuga e al desiderio di tutte le altre. In mezzo, silenzioso e immenso, compare Chirone, il centauro ferito, maestro di eroi, colui che cura gli altri ma non può sanare se stesso.
Ma non sono solo gli eroi a parlare: dall’oltretomba arriva Minosse, giudice implacabile; il cieco Tiresia, veggente che conosce il destino; e Omero, il poeta cieco, evocato come archetipo della memoria. Gli dèi stessi non mancano di affacciarsi: Zeus, osceno e potente, che presiede alla contesa della mela tra Era, Atena e Afrodite, e i gemelli Castore e Polluce, i Dioscuri, che reggono il cielo con il loro eterno vincolo fraterno.
Così il romanzo diventa un tempio popolato da voci: eroi, madri, profetesse, dèi e demoni che non appartengono solo al passato, ma continuano a vivere nelle ferite, nei desideri e nei silenzi delle donne e degli uomini di oggi.