Sesso, erotismo e pornografia: un'educazione mancata
- psydr3
- 19 lug
- Tempo di lettura: 4 min
Introduzione: il vuoto del desiderio
Nella contemporaneità digitale, dominata dall’accesso istantaneo e illimitato a contenuti espliciti, si assiste a una progressiva erosione del significato originario del desiderio. I giovani, soprattutto i maschi, crescono immersi in un flusso continuo di immagini pornografiche, confuse con l’erotismo, scambiate per il sesso, e vissute come esperienza fondativa. Eppure, ciò che apprendono non è il corpo dell’altro, né il proprio, ma un linguaggio impoverito, meccanico, spogliato di mistero e relazione. In questo articolo intendiamo esplorare con rigore e profondità le differenze e i legami tra sesso, erotismo e pornografia, restituendo dignità a ciò che oggi viene consumato senza consapevolezza né discernimento.
Sesso: il corpo come verità
Il sesso è l’atto originario, biologico, terreno. È l’incontro tra corpi, nella loro nudità materiale e istintiva. Non è né buono né cattivo: è vita che si esprime attraverso la carne. Nel sesso autentico, il corpo non è spettacolo ma presenza; non è prodotto ma rivelazione.

Tuttavia, nella nostra epoca, il sesso viene appreso più come performance che come relazione, più come dovere che come scoperta. I giovani maschi, in particolare, si avvicinano al sesso attraverso un immaginario tecnico: posizioni, durata, dimensioni, prestazione. Così il sesso perde la sua dimensione primaria di linguaggio intimo e diventa prova da superare, sfida da vincere, o peggio: contenuto da replicare.
Erotismo: l’arte dell’attesa
L’erotismo è un altro regno. Non è l’atto, ma la tensione. È lo spazio vuoto tra un pensiero e un gesto, tra un abito che scivola e una pelle che attende. Se il sesso è il corpo che agisce, l’erotismo è il corpo che suggerisce. È un’estetica dell’indugio, della sospensione, del non ancora. L’erotismo sa che il desiderio non si consuma: si coltiva.

È l’arte raffinata di far danzare l’immaginazione attorno all’oggetto desiderato. Per questo l’erotismo è sempre relazionale: si nutre di complicità, di distanza, di significato.
Oggi, però, l’erotismo è in via d’estinzione. I giovani, travolti dalla pornografia, non imparano più a desiderare ma solo a soddisfare. E così, il desiderio si spegne appena acceso. Senza erotismo, il sesso diventa muto. Senza attesa, non c’è vera intensità.
Pornografia: il simulacro della relazione
La pornografia non è né sesso né erotismo: è la rappresentazione di entrambi, depotenziata e deformata. È una narrazione visiva che riduce l’esperienza umana a una coreografia reiterata, centrata sull’oggettivazione, sull’efficienza, sull’assenza di reciprocità. La pornografia non è peccato, ma è riduzione: del corpo a strumento, del piacere a merce, dell’intimità a spettacolo.
Nella pornografia il desiderio non ha storia: è immediato, impersonale, risolutivo.

Moana Pozzi, icona provocatoria dell’Italia anni ’80–’90, sensuale e intelligente, Moana Pozzi fu molto più di una pornostar — una donna libera, capace di trasformare la propria immagine in un atto di emancipazione.
Non c’è spazio per il dubbio, per la lentezza, per l’imprevisto. Non c’è neppure spazio per l’altro. Ecco perché, se fruita senza guida né contesto, può compromettere profondamente la capacità dei giovani — soprattutto dei maschi — di vivere relazioni sane, piene, empatiche.
Differenze e convergenze: un equilibrio da riscoprire
Sesso, erotismo e pornografia non sono categorie incompatibili, ma nemmeno sovrapponibili. Il sesso può essere erotico, l’erotismo può culminare nel sesso, la pornografia può stimolare fantasie sane. Ma solo se esiste consapevolezza, educazione affettiva e coscienza critica. Il problema non è la pornografia in sé, ma l’assenza di strumenti per leggerla. Non è il desiderio, ma la sua banalizzazione.

Un’educazione affettivo-sessuale degna di questo nome dovrebbe insegnare ai giovani non solo come proteggersi, ma come riconoscere il piacere, la bellezza, il rispetto. Dovrebbe aiutarli a distinguere tra ciò che eccita e ciò che nutre. Tra ciò che intrattiene e ciò che trasforma.
Conclusione: per un’ecologia del desiderio
Viviamo in un tempo in cui il desiderio è sfruttato, standardizzato, svuotato. I maschi giovani, lasciati soli davanti allo schermo, imparano a confondere la conquista con il possesso, il corpo con l’immagine, la relazione con l’uso. Ma è ancora possibile risvegliare in loro — e in noi — una nuova grammatica del sentire. Dove il sesso torna a essere linguaggio, l’erotismo una promessa, la pornografia un linguaggio da decodificare.
Insegnare a desiderare è oggi un atto politico, educativo e clinico. Perché ogni desiderio è, in fondo, una domanda d’amore. E ogni amore autentico chiede di essere appreso come si apprende un’arte: con lentezza, con rispetto, con presenza.

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